24 Mag 2015

The Witcher 3: Wild Hunt – Recensione

Scomodare il caro vecchio Lessing, mediante una delle sue citazioni più famose, è il modo più appropriato per avvicinarsi a The Witcher 3: Wild Hunt. Un gioco tanto atteso quanto desiderato: unico caso concretamente attestabile in cui l’attesa è stata accolta dai videogiocatori tutti come prolungamento del piacere, come viatico verso la salvezza di una industry videoludica che, ahinoi, ci ha abituato a parti prematuri trasformati in aborti fin’anche dei più famosi franchise. Con ancora in mente la cocente delusione, accompagnata da uno sdegno della community mai visto prima, di Assassin’s Creed: Unity, CDProjekt RED ha ben pensato di prolungare per ben due volte la gestazione di questo terzo capitolo delle avventure di Geralt di Rivia, assurgendo (agli occhi degli aficionados tutti) a paladini dell’integrità morale interessati maggiormente alla soddisfazione dei loro “clienti/confratelli-videogiocatori” piuttosto che alla sterile acquisizione di facili guadagni, alla guisa di quanto fatto (alla luce dei fatti) nell’ultimo anno da Ubisoft & Co.

Rinvio dopo rinvio siamo finalmente giunti a questo 19 Maggio 2015, crocevia che ha portato all’incontro delle community tutte (console o PC non importa) con una delle produzioni più anelate di sempre.

Vediamo dunque come è andata!

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The Witcher 3: Wild Hunt è l’ultimo capitolo della trilogia inerente le avventure di Geralt di Rivia: in questo capitolo lo strigo sarà impegnato in una corsa contro il tempo al fine di ritrovare Ciri, un tempo sua protetta ed ora vista come “arma” capace di decidere le sorti del mondo tutto, al fine di proteggerla dalla Caccia Selvaggia, disposta a farsi strada con qualsiasi mezzo pur di giungere a lei e guadagnare dunque la vittoria finale.

In un tripudio di eventi, coinvolgimenti amorosi, battaglie, tradimenti e voltafaccia personali e politici, ci troveremo dunque ad inseguire Ciri in quella che, a memoria dai tempi di Ultima VII, è la storia più bella mai narrata in un gioco di ruolo. Il livello della narrazione raggiunge infatti vette mai toccate prima, conferendo a The Witcher 3 una profondità incredibile: una mole elefantiaca di informazioni, che andrà a delineare quest e sottoquest, verrà espansa persino dal dialogo con il più insignificante degli NPC, estendendo ulteriormente una trama già pregna di eventi e di elementi unici nel suo genere.

Saremo dunque liberi di seguire esclusivamente la main quest, cercando di giungere a Ciri nel minor tempo possibile, o avremo l’opzione di immergerci completamente in un mondo di gioco capace di catturarci, per via della moltitudine di sottoquest, mai banali o scontate, allestite dai ragazzi di CDProjekt RED, fino ad un massimo di 200 ore, rendendo di fatto The Witcher 3 la prima, vera, megaproduzione multipiattaforma di questa nuova generazione di macchine da gioco. Dialoghi e caratterizzazione dei personaggi, dai comprimari ai più comuni NPC, sono infatti alcuni dei punti di forza di The Witcher 3: personaggi a tutto tondo, dotati di sentimenti e di una vita propria, che non mancheranno di emozionarci e di toccare corde di una sensibilità mai tanto messa alla frusta come ora, istituendo un simbiotico rapporto di immedesimazione con Geralt, che ci vedrà impossibilitati a lasciare il pad, vendendo assorbiti in pieno per ore e ore da un mondo di gioco mai così vivo e pulsante.

Che voi siate degli aficionados della serie o dei newcomers alla prima esperienza con Geralt non conta: la trama, strutturata per far sentire a casa i fan storici, è apprezzabile ugualmente da coloro che si avvicinano per la prima volta alle gesta dello strigo, presentandoci una storia complessa, intricata, ma completamente fruibile (seppure con i dovuti, endemici, limiti) in piena autonomia da quanto narrato nelle precedenti iterazioni della saga.

L’alacre lavoro di ottimizzazione svolto dai ragazzi di CDProjekt RED porta al nostro cospetto un universo di gioco vivo come mai prima, modificabile dagli eventi di gioco e strumento tattico da utilizzare a nostro piacimento per avere ragione delle schiere di nemici che, volta dopo volta, ci troveremo ad affrontare

Una storia così ben narrata, nulla sarebbe se non accompagnata da un mondo di gioco ampio abbastanza da contenerla debitamente e, soprattutto, capace di essere parte integrante, coprotagonista e strumento di narrazione stesso, della storia in questione: ebbene, il mondo di gioco è un’altra delle frecce sapientemente inserite nella faretra di The Witcher 3: Wild Hunt.

L’alacre lavoro di ottimizzazione svolto dai ragazzi di CDProjekt RED porta al nostro cospetto un universo di gioco vivo come mai prima, modificabile dagli eventi di gioco e strumento tattico da utilizzare a nostro piacimento per avere ragione delle schiere di nemici che, volta dopo volta, ci troveremo ad affrontare. Magnificenza grafica dunque, ma non solo: panorami mozzafiato (che non mancheranno di entrare, a pieno diritto, nel novero dei ricordi videoludici più evocativi di sempre) soggetti al ciclo temporale giorno/notte e ad una alternanza metereologica che andrà ad alterare diametralmente la fruizione del mondo stesso grazie a piogge, nebbia, temporali, o “semplici” folate di vento atte a mettere alla frusta il motore fisico-grafico proprietario REDengine 3, diverranno teatro di scorribande, combattimenti ed esplorazioni a piedi o in groppa al nostro fido destriero. Magnificenza grafica dicevo, accompagnata da una vastità ed una densità tale da far impallidire qualsiasi titolo (persino Unity che, bug a parte, presentava una mappa pregna di eventi e punti di interesse) disponibile fino ad ora, il mondo di gioco ci permetterà di seguire, passo dopo passo, il susseguirsi degli eventi riservandoci, inoltre, piacevoli sorprese in caso di esplorazione randomica dello stesso, teatro tanto affascinante quanto pericoloso della storyline sapientemente creata dalla software house polacca.

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Il combat system, cuore pulsante di ogni gioco di ruolo che si rispetti, storica croce e delizia di questa saga, si ripresenta molto simile alla iterazione vista nel precedente capitolo, seppur rivisto, sicuramente migliorato ma, ahinoi, non stravolto.

Parallelamente a The Witcher 2: Assassind of Kings, le dinamiche dei combattimenti si basano principalmente sul trinomio attacco (debole o forte che sia), parata e schivata: riuscire a padroneggiare le ultime due tecniche risulterà dunque vitale ai fini della sopravvivenza in un mondo di gioco popolato da un numero incredibile di creature, ognuna diversa dall’altra ma, verosimilmente, molto simili nelle dinamiche di approccio/attacco della preda. Una accurata temporizzazione delle mosse elusive ci garantirà, unitamente ad un buon tempismo e all’utilizzo di un’arma debitamente adeguata alla tipologia di creatura affrontata, una buona percentuale di successo abbassando, e non di poco, il livello di sfida che, allo stato dei fatti, diverrà realmente probante solo dal terzo livello di difficoltà in su, ma più per via dell’entità dei danni inflitti dalle creature che per una effettivà maggiore rapidità di risposta dell’IA.

Tornano inoltre, seppure parzialmente potenziati, i segni magici, che ci permetteranno di colpire a distanza i nemici sottraendoci alla grinfie degli stessi oppure preparandoli, mediante gli “effetti collaterali” del segno utilizzato, ad un attacco violento che ci consentirà di infliggere ingenti danni all’avversario di turno. Non fraintendetemi, ciò non vuole assolutamente dire che sarà possibile affrontare i combattimenti a cuor leggero:per aver ragione dei boss (ma anche di nemici “livellati” verso l’alto) non sarà sufficiente menare fendenti a destra e manca ma dovremo effettuare, mediante apposite letture atte a rimpolpare le informazioni contenute nel bestiario, debiti potenziamenti specifici delle armi a nostra disposizione, che si parli di pietre-segni incastonabili nelle stesse o di unguenti andanti a modificare le stats ai fini di ottenere un bonus specifico nei confronti di una determinata categoria di mostri.

La progressione ruolistica del nostro witcher, dovuta principalmente al completamento delle missioni secondarie (le semplici kill non dispenseranno, per quanto difficili, molti punti esperienza) ci permetterà di accedere ad un armamentario sempre più letale in modo da livellare le nostre stats offensive alla graduale crescita delle medesime caratteristiche nemiche. Imporantissimi i ruoli degli artigiani, che ci aiuteranno a forgiare (seguendo istruzioni contenute in progetti rinvenibili negli scrigni disposti nel mondo) armi ed armature sempre migliori; non andrà inoltre sottovalutata anche la nostra esperienza alchemica al fine di ottenere sia i potenziamenti (unguenti) di cui sopra, che ulteriori composti utili a creare pozioni di livello avanzato.

Per quanto migliorato dunque, il combat system lascia con l’amaro in bocca, con un senso di miglioramento “parzialmente incompiuto” dovuto alla voglia di non osare una rivoluzione, il tutto a discapito dell’effettivo coinvolgimento nelle dinamiche di combattimento: sia chiaro, non si parla di un fallimento ma di una lacuna che, confermata anche dall’anteprima milanese del mese scorso, si è ripresentata tale e quale nella versione finale di The Witcher 3.

Il combat system, cuore pulsante di ogni gioco di ruolo che si rispetti, storica croce e delizia di questa saga, si ripresenta molto simile alla iterazione vista nel precedente capitolo, seppur rivisto, sicuramente migliorato ma, ahinoi, non stravolto

Con sorpresa, The Witcher 3 presta il fianco alle critiche sul lato in cui sarebbe stato meno lecito, vista l’esperienza e il livello qualitativo delle precedenti produzioni CDProjekt RED, attenderlo: il comparto tecnico alterna infatti alti e bassi che vanno a minare, e non superficialmente, la qualità del prodotto finale.

La scelta di realizzare un RPG Open World (multipiattaforma) ha rappresentato indubbiamente, gioco alla mano, un salto di qualità senza eguali per lo studio polacco, risultato attestabile e verificabile tenendo conto della sopraccitata vastità (e dalla endemica densità) del mondo di gioco: il rovescio della medaglia è stato che, mettendo così tanta carne al fuoco è andata, giocoforza, a diminuire la qualità della “cottura” della carne in oggetto. La magnificenza estetica del mondo di gioco va infatti a scontrarsi con una approssimazione realizzativa delle dinamiche di interazione con lo stesso: il dover gestire un mondo così esteso ha rappresentato una occasione di miglioramento unica ed irripetibile, occasione che ha lasciato però, per strada, strascichi sotto forma di bug e fenomeni di mancata ottimizzazione del codice.

Spesso capiterà di assistere al blocco del cavallo (dopo una nostra chiamata) in staccionate o alberi, altre volte sarà nessario girare attorno allo stesso per riuscire a montargli in groppa, altre volte ancora dovremo perdere tempo per trovare la posizione utile ad una corretta interazione con il mondo di gioco nonostante il segnale di interazione sia acceso e funzionante; i combattimenti risultano inoltre spesso buggati: capiterà sovente di vedere nemici (anche boss di fine livello) incastrarsi in parti dello scenario ponendosi così alla mercè dei nostri attacchi; una volta abbattuti sarà inoltre possibile vedere gli stessi fluttuare a svariati centimetri da terra invece che disporsi uniformemente sul terreno.

I problemi più gravi però, non riscontrati (fortunatamente) da me ma più di una volta da un mio collega (NdCapra), riguardano la compromissione dei salvataggi e la necessità di caricare savegames meno recenti, con la frustrazione che l’accesso ad un gioco difficile come The Witcher 3 può generare. Sono presenti inoltre glitch grafici che non permettono (parlando della versione Xbox One) di mantenere i 30fps fissi durante le scene animate e difetti minori che vanno a compromettere la resa grafica finale del prodotto, fornendo un gioco sì bellissimo ed intrigante ma difficilmente accessibile e pericolosamente fallato al punto che più di qualcuno ha deciso di non giocarci fino al rilascio, che dovrebbe comunque essere imminente, di una stability patch.

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Un giudizio inerente il comparto grafico ci pone comunque davanti alla produzione tecnicamente e stilisticamente migliore di questo periodo (eguagliata o superata, a seconda dei gusti, in stile solo da Bloodborne): quale che sia la piattaforma ci si troverà davanti ad un mondo graficamente superlativo in cui qualsiasi aspetto, parlando del mero comparto estetico, farà scuola da qui in poi.

La versione PC spicca, soprattutto se si dispone di una configurazione high-end (Gtx 980 in su o sistemi doppia scheda), rispetto alle controparti console per risoluzione (1080p nativi), pulizia dell’immagine e fluidità, oltre che per la possibilità di usufruire di effetti avanzati come l’Hairworks NVIDIA: duole comunque notare come, anche su PC, terreno natio della software house polacca, l’ottimizzazione del codice sia tutt’altro che perfetta: sovente ho riscontrato glitch grafici e, seppure saltuariamente, fenomeni di crash del gioco. Duole ammetterlo ma, alla luce dei fatti, sarebbe stato meglio rimandare ulteriormente, visto anche che CDProjekt RED sta per rilasciare una patch con oltre 600 fixes, la commercializzazione di The Witcher 3.

Inappuntabile invece il lavoro svolto da Marcin Przybylowicz e Mikolaj Stroinski che, avvalendosi della band polacca Percival, hanno realizzato un comparto sonoro di ottima caratura e che ben riesce a catturare l’epicità e l’evocatività dei momenti cruciali della storia di The Witcher 3.

Conclusioni

The Witcher 3: Wild Hunt rappresenta, finalmente, il salto generazionale che tutti si attendevano in ambito RPG.

Il miglior prodotto dei CDProjekt RED, un gioco di ruolo dotato di un mondo Open World, un sistema di progressione ruolistica allo state of art e di una trama da urlo che riuscirà a garantirci oltre 200 ore di gioco, assurge a ruolo di prima, vera, mega-produzione multipiattaforma di questa (ancora) nascente generazione di macchine da gioco.

Graficamente sbalorditivo, soprattutto su PC di fascia alta, The Witcher 3 porta con sé il retaggio di un combat system rodato ma, sfortunatamente, non al passo con i tempi, pagando inoltre lo scotto, nonostante due soffertissimi rinvii, di numerosi problemi di ottimizzazione del codice che vanno a minare, allo stato attuale delle cose, la fruibilità stessa del gioco a causa di crash e di problemi di compromissione dei salvataggi.

The Witcher 3 rimane comunque un must have per tutti gli appassionati di RPG, una pietra miliare (nonostante gli evidenti problemi che abbassano di un mezzo punto la valutazione finale) che farà scuola negli anni a venire e che fungerà da base, per i CDProjekt RED, per la realizzazione/ottimizzazione del loro prossimo titolo.