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22 Apr 2020

Fallout 76: Wastelanders – Recensione

Un po’ come i suoi protagonisti, Fallout 76 è sopravvissuto ad un autentico olocausto nucleare sotto forma di recensioni negative, pareri disprezzanti, un generale clima di scetticismo che ha circondato la produzione dopo l’innegabilmente rovinoso esordio, consumatosi ormai più di un anno e mezzo fa. Ciò che è peggio, ha patito un notevole volume di fuoco amico, frutto di strategie di marketing della casa madre semplicemente autolesioniste e contraddittorie.

L’MMO, fortunatamente, se l’è cavata abbastanza a lungo da scorgere all’orizzonte l’arrivo dei rinforzi, un inatteso alleato dalle sembianze di un’espansione che, pur non ribaltando completamente il giudizio su un gioco comunque problematico, certamente ha il grande pregio di renderlo gradevole, divertente, rivolto ad un pubblico potenziale ben più ampio.

Fallout 76: Wastelanders, innanzitutto, risolve buona parte dei glitch e dei bug che resero tanto complesso l’approccio dei primi, entusiasti, esploratori dell’Appalacchia. Sebbene tecnicamente restiamo nei pressi di una resa grafica degna di una generazione di console addietro (da questo punto di vista è paradossale che non ci sia stato alcun potenziamento), finalmente si può completare una lunga sessione senza il costante timore di un arresto improvviso o di restare fatalmente incastrati da qualche parte.

Dando voce alle richieste dei fan, pur con tardiva tempestività, Bethesda ha inoltre introdotto i tanto agognati NPC, personaggi che non solo inspessiscono la lore del titolo, ma che si preoccupano di ricucire lo strappo dell’episodio con le radici RPG della saga.

La sola presenza di robot, per quanto giustificata e legittimata a livello narrativo, aveva difatti costretto gli sviluppatori a mortificare le ambizioni ruolistiche di Fallout 76, escludendo buona parte delle statistiche legate alle abilità diplomatiche e di persuasione del personaggio, inutili in un mondo disabitato, ingessando di conseguenza persino la gestione delle scelte effettuabili dal giocatore in specifici momenti dell’epopea.

Progredendo nei rispettivi S.P.E.C.I.A.L., potrete finalmente risolvere potenziali conflitti con il potere della parola, grazie al vostro innato carisma. Piacevole novità, vi capiterà tra l’altro di prendere parte a conversazioni con più NPC, oppure di dovervela cavare in brevi sezioni puramente testuali, dalle quali dedurre indizi e scovare eventuali soluzioni al problema di turno, leggendo attentamente numerosi documenti.

Il riavvicinamento di Fallout 76: Wastelanders alla tradizione degli RPG non si esaurisce in questo contesto, tanto più che le novità introdotte sono retroattive.

La sensazione è che Bethesda, accorgendosi con colpevole ritardo di aver imposto un compromesso troppo salato ai fan dell’IP, abbia voluto fare marcia indietro

Se deciderete di ricominciare da capo l’avventura, o nel caso siate giocatori di primo pelo, dovrete estirpare la Piaga degli Ardenti, main quest del gioco originale, in un mondo già ripopolato. La revisione riguarda anche i contenuti veri e propri, visto che prenderete parte ad una versione lievemente più contratta dell’avventura classica, comunque più che sufficiente per essere ragguagliati sugli eventi occorsi nella puntata precedente.

L’espediente è doppiamente utile dal momento che per prendere parte alla nuova campagna dovrete progredire almeno fino al livello 20, discriminante certo invasiva, ma a suo modo sensata. Il neofita, o chi non si collega da tempo, verrà infatti sommerso da una quantità disarmante di attività a cui prendere parte, eventualità che potrebbe scoraggiare chi ama esperienze più lineari, soprattutto durante le prime ore, quando si deve prendere dimestichezza con le varie meccaniche ludiche.

Superando l’impasse, tuttavia, vi godrete una campagna caratterizzata da missioni mai particolarmente originali, eppure più interessanti che mai vista la presenza di Alleati, i quali potranno essere assoldati per difendere il proprio C.A.M.P., e di due nuove fazioni: Predoni e Coloni.

Barbari poco avvezzi alle buone maniere i primi, determinati a ricostruire la civilizzazione perduta i secondi, come da tradizione arriverà un momento in cui dovrete decidere da che parte stare, influenzando inevitabilmente il proseguo degli eventi.

Wastelanders riavvicina Fallout 76 alla tradizione degli RPG

La sensazione è che Bethesda, accorgendosi con colpevole ritardo di aver imposto un compromesso troppo salato ai fan dell’IP, abbia voluto fare marcia indietro, proponendo un’avventura non particolarmente originale, ma enormemente più rispettosa di quei cardini che hanno decretato successo e fama di Fallout 3 e Fallout 4.

Non è un caso, tra l’altro, che l’azione solitaria sia enormemente meno penalizzata che in passato. Mostruosità di ogni genere renderanno difficoltosa qualsiasi scampagnata per le lande dell’Appalacchia, ma l’I.A. si adatta con più efficienza alle effettive dimensioni del party impegnato in missione.

Conclusioni

Fallout 76: Wastelanders è un buon punto di (ri)partenza per lo sfortunato MMO di Bethesda. Non trasforma il titolo in un capolavoro, ma finalmente ci restituisce un’esperienza meritevole di essere giocata, per quanto tuttora problematica e consigliata solo agli amanti del brand o del genere di riferimento.

La sensibile riapertura alle istanze ruolistiche, il ripopolamento dell’Appalacchia, la nuova campagna poco originale ma funzionale e longeva (serviranno almeno venti ore per completarla), ripagano la fiducia incondizionata dei fan della prima ora e regalano il tanto desiderato MMO post-apocalittico a chi è rimasto a guardare da lontano l’evoluzione di Fallout 76.

La strada verso la perfezione è ancora lunghissima, beninteso: graficamente siamo nei pressi della mediocrità totale, qualche glitch fa ancora capolino, mentre la componente multiplayer sembra troppo spesso accessoria e pretestuosa invece di essere realmente giustificata e convalidata dal gameplay e dal contesto narrativo.

Di sicuro, in pochi si aspettavano una simile resurrezione, un’espansione che tramutasse il brutto anatroccolo di Bethesda, in una creatura quantomeno dotata di un capo e di una coda, sufficientemente attraente da non essere oggetto di scherno persino da parte dei fedelissimi.