Street Fighter 6 - Recensione

Abbattere i confini, senza temere alcun avversario.

Street Fighter 6 - La recensione

LA RECENSIONE IN BREVE

  • Il Sistema Drive è un modo di celebrare il passato della serie ridefinendo, al tempo stesso, il suo futuro.
  • Mai visti così tanti strumenti – impliciti ed espliciti – per favorire l’accessibilità in un picchiaduro tutt’altro che semplice.
  • Capcom non ripete gli errori del più recente passato e consegna un gioco molto fornito anche per quanto riguarda le modalità a giocatore singolo.

La prima volta che Street Fighter 6 si è fatto vedere è stata una breve, dimenticabile apparizione in un teaser pubblicato a febbraio 2022. Che il gioco esistesse non era poi un così grande mistero, per cui questa conferma venne accolta in maniera piuttosto tiepida. Facendo un rapido passo avanti a poco più di un anno di distanza, Capcom presenta il gioco completo, in uscita il prossimo 2 giugno, dopo una campagna marketing lunga e costellata di video di presentazione del sistema di gioco e dei personaggi disponibili, due closed beta e una (recentissima) open beta.

Insomma, tutti i punti interrogativi sollevati da quel primo teaser sembrano essere stati dissipati: gli utenti interessati arrivano molto preparati a questo debutto. Ma d’altra parte a Capcom serviva un lancio ben calcolato, stavolta, per prendere fin da subito le distanze dal burrascoso periodo iniziale di Street Fighter V.

Il sesto capitolo della più che celebre saga di picchiaduro 2D porta con sé, tra le premesse, la voglia di presentare ai giocatori una nuova generazione di lottatori e di scontri: è un ritornello che a chiunque frequenti Street Fighter da qualche anno suonerà di certo molto, molto familiare. La volontà di portare aria fresca all’interno di questo mondo fatto di calci, pugni e bolle energetiche non è tutta forma, per fortuna; oltre ai nuovi personaggi (anche se perlopiù reinterpretazioni di qualcosa di già visto), il nuovo capitolo della saga mette in campo un sacco di novità, accostandole a tutto ciò che eredita dalla tradizione pluridecennale, correndo ben più di un rischio.

La differenza tra accessibilità e difficoltà

Street Fighter 6 è un picchiaduro tutt’altro che facile ma, allo stesso tempo, è dotato di una quantità senza precedenti di strumenti votati a favorire l’accessibilità. La quantità di strumenti a disposizione del giocatore, garantiti soprattutto dal sistema Drive (trovate di più in merito nel box che segue), fa sì che durante l’incontro ci siano veramente molte cose a cui pensare – a partire dalla gestione delle proprie risorse, per arrivare alla necessità di reagire tempestivamente a determinate tecniche dell’avversario; Street Fighter 6 fa però di tutto per non inondare immediatamente il nuovo giocatore con tutto il suo carico di informazioni, dando modo di accedervi poco alla volta e attraverso molteplici modalità. Certo, esiste comunque un tutorial generale (accompagnato da un apprezzabile guida ai personaggi, con informazioni dettagliate su ogni lottatore), ma fortunatamente una buona parte di guida è nascosta all’interno del gioco vero e proprio.

Anche l’intelligenza artificiale che anima i personaggi controllati dal computer, recentemente molto discussa proprio a causa della sfida che rappresentava, già nella demo, alla difficoltà più elevata, gioca il suo ruolo nel rendere il picchiaduro accessibile. I giocatori si trovano tra le mani un ambiente offline in cui, senza alcuna pressione esterna, possono confrontarsi con avversari di discreto livello (che non cadano con troppa facilità in tranelli che un essere umano aggirerebbe senza pensarci due volte, né che dimostrino capacità difensive del tutto sovrannaturali). In questo modo gli utenti possono maturare conoscenze e metabolizzare concetti di base (e intermedi) ancora prima di confrontarsi con altri giocatori.

Rimanendo in tema accessibilità, c’è un aspetto di Street Fighter 6 che merita di essere messo in evidenza: gli schemi di controlli disponibili. Oltre alla modalità di gioco classica con il layout a sei pulsanti (tre pugni e altrettanti calci), questo nuovo capitolo mette a disposizione il sistema Dinamico e quello Moderno. Il primo risponde alla necessità di far divertire, già dalla primissima partita, i casual gamer – che devono limitarsi a decidere come e dove muoversi, quando bloccare e quando premere tasti, mentre l’IA determina che tipo di mossa viene lanciata sulla base delle circostanze date; si tratta di una tipologia di controlli piuttosto efficace se si tiene ben presente il pubblico per cui è pensata, ovvero giocatori che non hanno (almeno nel corso di quel primo approccio) nessuna intenzione di mettersi a studiare seriamente il gioco.

Lo schema Moderno risponde in maniera egregia alla necessità di rendere l’apprendimento graduale per i nuovi giocatori, rimanendo in ogni caso una scelta valida anche per i più esperti (non è un caso se sarà ammesso nel corso della prossima edizione del Capcom Pro Tour). Rubando alcune mosse normali e/o speciali dall’elenco delle tecniche di ogni personaggio, questo stile permette in cambio di eseguirne altre con la pressione di un singolo tasto (o tasto più direzione) come già accade, per fare un esempio, nei platform fighter in stile Smash Bros.. Oltre a questo, a uno dei tasti dorsali viene affidata la funzione di autocombo – tre per ogni personaggio – che, con il minimo sforzo possibile, permettono di infliggere danni già discreti all’avversario (peccando magari sul lato ottimizzazione danni/uso risorse).

L’apparenza inganna

È facile pensare che un simile schema di controlli sia adeguato unicamente per i nuovi giocatori, ma basta farsi un giro nella modalità Sfida per dare un’occhiata ad alcune combo eseguibili con lo stile Moderno per essere immediatamente smentiti. Questo schema di controlli sembra essere concepito per traghettare un giocatore fino alle partite competitive, non per abbandonarlo su una bicicletta per bambini con le ruotine di supporto in attesa che si convinca a passare al gioco vero e proprio. Non si tratta neppure di togliere dall’equazione la capacità di esecuzione del giocatore: si sostituiscono motion input complessi (quarti di luna, mezzelune e via dicendo) in favore di una concatenazione di tasti, tasti più direzione e tasti con tasto dorsale tenuto premuto – e poi ricordiamoci che una cosa non esclude del tutto l’altra: le tecniche eseguibili con il tasto dedicato alle mosse speciali possono essere replicate anche con gli input di direzione tradizionali (senza incorrere nella penalità di danno del 20% inflitta, non a torto, alla versione con esecuzione più rapida)

Certo, se come me siete abituati al layout classico i controlli Moderni vi faranno intrecciare un po’ il cervello, ma ci si prende la mano. Avendo a disposizione strumenti come le combo automatiche, il carico mentale per le prime ore viene alleggerito in maniera notevole – e se è vero che le sequenze a disposizione di alcuni lottatori sono superiori a quelle di altri, non doversi focalizzare sull’esecuzione permette di provare i nuovi lottatori divertendosi fin da subito.

A proposito di personaggi, il roster iniziale di Street Fighter 6 è in linea con i precedenti capitoli; gli archetipi classici del genere sono tutti presenti, così come si possono già trovare lottatori più ostici e altri più immediati. Il nuovo design dei lottatori di Street Fighter II è ben fatto: c’è chi, come Zangief o Dhalsim, ha seguito con maggiore coerenza le orme lasciate in passato e chi, come Ryu o Ken, attraverso il proprio costume racconta un cambio di rotta nella propria storia personale. Riguardo ai nuovi personaggi, ci troviamo davanti a lottatori più o meno riusciti – e, purtroppo, nel secondo gruppo tocca inserire anche il ragazzo di copertina, per quanto mi riguarda – con picchi certamente più riusciti di certi esperimenti del passato degli ultimi tre capitoli della saga.

Anche grazie agli effetti grafici delle varie tecniche Drive, che tingono lo schermo di colori vivaci con evidenti richiami alla street art – come mezzo sia per ritrovare una connessione col nome della saga, sia per elevarlo oltre al concetto di rissa da strada (che già stava stretto nel 1991, figuriamoci oggi). Il passo avanti a livello grafico rispetto alla scorso capitolo è netto: pur con alti e bassi e soprattutto grazie agli effetti speciali legati alle tecniche dei lottatori, i membri del roster riescono a elevarsi dallo sfondo e a saltare all’occhio del giocatore. Più traballanti, complice le necessità di gestione del suo mondo semi-aperto, le performance del World Tour, che si popola di personaggi a definizione ben più bassa e dai movimenti meno fluidi – e sempre in questa modalità troviamo, al momento, alcune delle imperfezioni tecniche più goffe, come l'impossibilità di immettere input direzionali immediatamente dopo aver consumato un oggetto in battaglia.

Un giro attorno al mondo

Dopo una prova decisamente più approfondita della modalità World Tour, posso tranquillamente dire che soddisfa le aspettative che la demo aveva in precedenza alimentato. È vero: a livello narrativo non spicca il volo, mantenendo un sottofondo di assurdità lungo tutto il suo sviluppo – ma è molto probabile che qui la scelta sia stata fatta per giustificare la possibilità di picchiare veramente chiunque o qualunque cosa (compresi frigoriferi e aspirapolveri in tilt, ecco); andando oltre a questo mood da film d’azione semi-semi-serio, troviamo una modalità a giocatore singolo dalle proporzioni mai viste prima in questa saga di picchiaduro, ricca non solo di missioni principali ma anche di attività secondarie.

Nel World Tour trovano spazio vecchie (e spesso improbabili) conoscenze dei videogiochi Capcom.

Si tratta non solo di una buona modalità di gioco per passare il tempo in maniera spensierata, ma anche per imparare le basi del gioco in modo graduale. Le tecniche Super e del sistema Drive non sono sbloccate fin da subito, ma vengono introdotte man mano che il giocatore prosegue nell’avventura – per avere la certezza che le informazioni fornite fino a quel dato punto siano state metabolizzate a dovere. All’interno dei minigiochi troviamo nascosti dei micro-tutorial impliciti per altri elementi fondamentali del gioco, come l’esecuzione precisa di input di movimenti complessi o del giusto tempismo di carica per le mosse speciali che richiedono di tenere premuta una direzione per un certo intervallo di tempo.

Anche il sistema dei maestri del World Tour va a incastrarsi in questo meccanismo di apprendimento, mettendo a disposizione del giocatore dapprima solo le mosse normali e una/due tecniche speciali, per poi ampliare il suo arsenale un poco alla volta. Vero è che passando troppo tempo in questa modalità ci si potrebbe abituare al lusso di manovrare un personaggio personalizzato con un kit fuori di testa, ma il piano di Street Fighter 6 per il World Tour sembra, nel complesso, davvero ben studiato. In più, a livello narrativo, fornisce un contesto per il passaggio generazionale in atto, ritraendo i lottatori storici in una posizione più defilata rispetto al cuore della competizione – ed è bello vedere Ryu seguire le orme di Gouken, o Chun Li lasciarsi alle spalle la caccia a Shadaloo (anche se la pace, in questo caso, sembra piuttosto traballante). A questa modalità è legato anche lo sblocco del secondo costume per i personaggi del roster principale – ma al momento questo è tutto quello che possiamo rivelare al riguardo!

Per quanto riguarda le altre modalità a disposizione, Street Fighter 6 arriva al debutto con pressoché tutti gli ingredienti essenziali per un picchiaduro “che si rispetti”: la modalità Arcade (Storia) è sempre un ottimo passatempo e, al contrario del gioco precedente, le vignette iniziali e finali sono effettivamente di buona qualità e cercano di riportare – per quanto possibile – la storia della saga entro binari meno caotici. Che fosse stata riservata maggiore attenzione al reparto narrativo era chiaro anche dai fumetti pubblicati in questo periodo sul sito ufficiale, che fungono da prequel agli eventi raccontati nel gioco – almeno quelli che coinvolgono alcuni dei personaggi principali.

Ottima anche la parte dedicata al tutorial vero e proprio, in cui si affrontano concetti avanzati usando le stesse terminologie che in seguito i giocatori – perlomeno quelli più interessati all’argomento – ritroveranno in giro su internet, spiegandone in maniera semplice il significato. Mi ha piacevolmente stupito la lezione sul neutral, per dire: con un ottimo bilanciamento tra nozioni scritte e prove pratiche, Street Fighter 6 fornisce le basi per uno dei concetti fondamentali (e meno banali) dei picchiaduro. Delle guide dedicate ai singoli personaggi permettono poi di capire il piano d’azione ideale di ognuno di loro, per individuare quello con lo stile di gioco più adatto al giocatore. Chiude il pacchetto una modalità allenamento davvero dettagliata e completa, con un sistema grafico di analisi dei frame delle mosse molto chiaro – il migliore che abbia avuto modo di utilizzare a oggi – e degli utili preset per simulare situazioni su cui fare pratica (allenamento combo, anti-air e così via).

La modalità allenamento sarà disponibile anche online: si potranno creare stanze per ospitare più utenti, per vere e proprie sessioni di gruppo.

Questa dei preset sembra una banalità, ma chiunque abbia un’idea di come ottimizzare il tempo speso in modalità allenamento sa benissimo che non è così. Per quanto si tratti di impostazioni semplici e, per certi versi, non ottimali per coprire ogni necessità, insegnano al giocatore il modo migliore di utilizzare la gran quantità di strumenti messi a disposizione nella sala di allenamento: simulare situazioni alle quali, in partita, non si è stati in grado di trovare risposte. Questi preset, quindi, sono un ottimo punto di partenza: imitandoli e perfezionandoli, il giocatore può scovare da solo informazioni preziosissime sul proprio personaggio e sui match-up con gli altri lottatori.

Abbiamo ancora poche informazioni per quanto riguarda la monetizzazione – al momento menzionata ma non visualizzabile. Capcom ci ha informato che sarà presente un Season Pass, una moneta in gioco utilizzabile per sbloccare "determinati oggetti in-game" e una valuta premium (da acquistare con moneta sonante) da utilizzare per acquistare nuovi personaggi, oltre che oggetti per il proprio avatar ed elementi cosmetici. Stando a questi dettagli, quindi, la possibilità di sbloccare personaggi con valuta in gioco sembrerebbe destinata a diventare, anche per Street Fighter, un ricordo del passato, ma aspettiamo maggiori dettagli in merito prima di trarre conclusioni.

Verdetto

Capcom, negli scorsi mesi, ha fatto bene a non nascondere nulla di questo Street Fighter 6, dal momento che non aveva assolutamente niente da temere. Tra closed e open beta, è difficile che i giocatori interessati arrivino a questo day one senza sapere che cosa gli aspetta; eppure, per quanto non fosse affatto banale, la versione completa del gioco aveva ancora tanto da mostrare. Oltre al raffinato sistema di combattimento, composto da numerosi elementi che trovano il proprio equilibrio nella condivisione della stessa risorsa (l’indicatore Drive), Street Fighter 6 conta su una più che robusta squadra di tutorial, mini-giochi per favorire l’apprendimento delle tecniche di base e schemi di controlli alternativi per ogni necessità. Come se non bastasse, se siete amanti delle modalità giocatore singolo nei picchiaduro sappiate che Capcom non vi ha dimenticato: per quanto il World Tour abbia toni assurdi (e non abbia una storia propriamente da Oscar), regala numerose ore di gioco – ed era davvero molto tempo che non ero curioso di sapere il finale della storia di uno Street Fighter!

In questo articolo

Street Fighter 6

Capcom | 02 Giugno 2023
  • Piattaforma

Street Fighter 6 - La recensione

9.5
Ottimo
Capcom definisce ancora una volta un nuovo standard per i picchiaduro 2D.
Street Fighter 6