Kinds of Kindness - Recensione

Il potere logora chi non ce l'ha?

Kinds of Kindness - La recensione

Col cinema di Yorgos Lanthimos ho un rapporto senz’altro buono, sì, ma non impeccabile. Per esempio, quando tutti magnificavano The Lobster, probabilmente il film che ha sdoganato il cineasta greco al grande pubblico, io nicchiavo, né sono andato completamente d’accordo con Povere creature!, che al netto di parecchi pregi mi è parso un filo troppo schematico nell’esposizione delle sue tesi e nella risoluzione.

Di contro ho amato Alps e considero La favorita uno dei meglio film degli ultimi anni, così mi sono avvicinato a questo Kinds of Kindness con una sincera curiosità nonostante qualche pregiudizio nei confronti delle opere antologiche e le opinioni un po’ così provenienti dal Festival di Cannes, dove la pellicola è stato presentata lo scorso 17 maggio.

Invece, sorpresa sorpresa, a mio parere questa è tra le robette più intriganti e riuscite tra quelle sfornate dal nostro, che ancora una volta ha chiamato a bordo il direttore della fotografia Robbie Ryan, il montatore Yorgos Mavropsaridis, il compositore Jerskin Fendrix ma soprattutto lo sceneggiatore Efthimis Filippouin, assieme al quale Lanthimos aveva spuntato la candidatura agli Oscar per la migliore sceneggiatura originale ai tempi di The Lobster.

Sulle prime e sulla carta Kinds of Kindness suona come un film piccolo, soprattutto se paragonato alle ambizioni visive di Povere creature!. Anche la divisione in episodi e la scelta di girare in location prediligendo l’illuminazione naturale chiamano inevitabilmente il divertissement, tuttavia a mezz’ora dall’attacco stavo già in fissa con i dettagli, i riferimenti e in definitiva col meccanismo comunicativo imbastito da Lanthimos, qui alle prese con la sua opera più interattiva; pure dopo la visione ho continuato a ragionare su tasselli e incastri, su chi è chi e chi simboleggia cosa, ma soprattutto sull’incredibile coerenza della mappa concettuale alla base del racconto, capace di servire le proprie tesi in cambio di un poco di impegno da parte dello spettatore.

Povere creature...

Senza troppi giri di parole: questa è l’ennesima riflessione sul potere del regista, e ciascuna delle tre storie offre il suo punto di vista sull’argomento avvalendosi di un cast interscambiabile formato da habitué dell’entourage di Lanthimos, contando a livello diegetico sul collante rappresentato dal misterioso R.M.F., apparentemente l’unico trait d'union tra universi narrativi indipendenti e vagamente astratti in stile The Lobster (che tra parentesi continuo a citare: vuoi vedere che alla fine mi è piaciuto?).

Dopo La favorita e Povere creature! Emma Stone è alla sua terza collaborazione con Lanthimos, e a quanto pare non sarà l’ultima.

La prima, intitolata La morte di R.M.F., entra nel merito di un rapporto lavorativo perlomeno problematico tra Robert (Jesse Plemons) e il suo capo, Raymond (Willem Dafoe), il quale pretende di esercitare un controllo assoluto sulla vita del pover’uomo pretendendo comportamenti via via sempre più assurdi e rischiosi. Nel rappresentare certe pratiche Lanthimos ricorre al registro grottesco accentuato dalla straniante colonna sonora di Fendrix, tuttavia basta poco per cogliere situazioni pericolosamente plausibili dietro le varie iperboli: indossa vestiti che piacciano al capo, leggi ciò che ti consiglia in modo da essere ben inserito nell’ambiente di lavoro; non bere alcool in determinate circostanze oppure bevine forzatamente troppo in altre. Consuma rapporti sessuali solo quando il tempo libero lo permette e se necessario fai fuori i colleghi e persino i destinatari dei tuoi beni/servizi.

Il secondo episodio, R.M.F. vola, analizza invece il controllo all’interno della vita di coppia e, per estensione, delle relazioni sentimentali. Plemons, qui nei panni di Daniel, si convince che la moglie Liz (Emma Stone), rimasta per qualche tempo bloccata su un’isola governata da cani (oh, yeah!), sia in realtà un’impostora, e nel tentativo di smascherarla finisce per sottoporla a vere e proprie torture.

Ecco un sano rapporto di lavoro…

La terza tranche, R.M.F. mangia un sandwich, entra infine nel merito del controllo esercitato dalle associazioni religiose e - nuovamente per estensione - delle strutture sociali sulle nostre vite, adoperando come vettori Emily (Stone) e Andrew (Plemons), entrambi devoti a un culto presieduto dagli ambigui Omi (Dafoe) e Aka (Hong Chau).

Love is destructive

Oltre che dal suddetto misterioso personaggio il film è attraversato da temi ricorrenti nella poetica di Lanthimos e sempre tangenti l’indagine sull’esercizio del potere, a cominciare dall’importanza attribuita ai corpi.

In Kinds of Kindness, come ne La favorita e in maniera più vistosa in Povere creature!, una bella fetta di racconto passa per la carne dei personaggi, ricordandoci come le cattive prassi di controllo logorino il fisico prima ancora della mente. La centralità del corpo viene continuamente ribadita da riferimenti al cibo, al sesso e persino da scene degne di un body horror, evidenziando che nonostante la società contemporanea faccia di tutto per trattare in maniera il più sterile e pulita possibile certe circostanze spigolose, diciamo così, come le malattie, l’invecchiamento, il dolore e la morte, rimaniamo pur sempre creature deperibili. E più le convezioni e le regole di comportamento si fanno stringenti, più i nostri istinti cercheranno valvole di sfogo negli angoli più impensabili anche a costo di distorcersi.

Allo stesso tempo, il racconto ricorre spesso e volentieri a situazioni apertamente oniriche evocando il tema del doppio, inevitabile in un film popolato da attori-attanti quasi a sottolineare che nella vita possiamo essere allo stesso tempo vittime e aguzzini, a seconda delle circostanze e in diverse percentuali. Plemons, per esempio, nel primo racconto viene vessato dal capo, tuttavia nel secondo, nonostante l’apparente progressismo espresso da un 'ménage à quatre' comunque praticato in un ambiente iper-controllato, diventa a sua volta abusante nei confronti della moglie nel momento in cui sente che questa smette di rispondere alle sue aspettative più o meno idealizzate.

I personaggi interpretati da Dafoe appaiono sempre legati al comando: presumo per circostanze anagrafiche, oltre che di genere.

Sono le stesse tesi di Povere creature!, mi rendo conto, tuttavia qui la frammentazione del racconto tende a farle emergere con più forza al netto di una minore chiarezza, e sempre come nel suo precedente lavoro Lanthimos riesce ad abbracciare una dimensione politica scegliendo di attribuire ai personaggi maschili la maggior parte dei comportamenti deprecabili, e a quelli femminili un vivace dinamismo, una tensione al cambiamento ovviamente frenata dai rispettivi partner/genitori/amici.

Tale movimento di crescita si manifesta anche attraverso il minutaggio, laddove Emma Stone con i suoi personaggi parte in sordina finendo per guadagnare un ruolo di primo piano nel terzo capitolo riscattando così il raconto dall’iniziale predominanza maschile.

Anche la messa in scena, infine, appare incredibilmente controllata, quasi al limite dell’estetizzante come da tradizione del regista greco (e per la gioia dei suoi detrattori); tuttavia, mai come stavolta l’impianto formale dialoga con la narrazione e i personaggi, intrappolando questi ultimi in vere e proprie gabbie dorate dalle quali viene davvero voglia di fuggire gridando.

Kinds of Kindness è disponibile al cinema.

Verdetto

Ritenuto da alcuni un film minore, Kinds of Kindness rappresenta invece una delle opere più riuscite e coerenti di Lanthimos, laddove la frammentazione del racconto si consuma sì a livello di spazi e luoghi ma mai in termini formali o di senso, guidando lo spettatore lungo una riflessione sulle declinazioni e i rischi del potere particolarmente sofisticata, mentre il cast - tutto il cast - esce alla grande dal confronto con la triplicazione dei ruoli.

In questo articolo

Kinds of Kindness

06 Giugno 2024

Kinds of Kindness - La recensione

9
Ottimo
Un film tripartito eppure incredibilmente coerente, brillante, e che per svelarsi chiede giusto di stare un poco al suo gioco.
Kinds of Kindness