IGN Retro: Final Fantasy

Una nascita travagliata per uno dei giochi di ruolo giapponesi più famosi di sempre.

IGN Retro: Final Fantasy

"Che gioco importante esce in questi giorni?", mi domando ogni tanto per verificare se magari posso creare qualche correlazione in questa stessa rubrica. La risposta per questa settimana è abbastanza palese, visto che Final Fantasy VII: Rebirth è avviato nelle case di tantissimi patiti dei JRPG di Square-Enix. Visto che in passato ho già ampiamente trattato Final Fantasy VII, ho deciso di cogliere l'occasione per rivolgere il retro-riflettore verso gli albori della storica serie di Square-Enix - o meglio, di Square - decidendo di parlare del capostipite della saga, ovvero di quel Final Fantasy che nel 1987 ha esordito in Giappone, cambiando per sempre lo scenario dei videogame orientali.

Tra Dungeons & Dragons e Wizardry

La storia di Final Fantasy è ovviamente legata a doppio filo a quella di Square, software house giapponese fondata a fine 1986 e solo recentemente arrivata sul mercato con un paio di videogame di discreto successo, tra cui l'originale sparatutto fantasy King's Knight lanciato nell'anno di fondazione su NES e MSX e sviluppato, tra gli altri, da Hironobu Sakaguchi come designer e Nobuo Uematsu come compositore. Proprio grazie alle buone vendite del gioco Square inizia ad allargare le proprie fila assumendo personale per mettere in lavorazione più videogame contemporaneamente, un clima di fermento che permette allo stesso Sakaguchi di proporre una sua idea: realizzare un gioco di ruolo fantasy.

Un'idea inizialmente rifiutata dalla società che però cambia idea grazie al buon successo di un paio di importanti giochi appartenenti allo stesso genere, ovvero Dragon Quest di Enix e Wizardry di Sir-Tech. Sakaguchi è particolarmente colpito dal primo Wizardry e dal debutto di un certo Ultima, arrivato da pochi mesi in Giappone, giochi che lo spingono a progettare la sua epopea fantasy, inizialmente intitolata "Fighting Fantasy" (nome poi abbandonato per via della concorrenza con la gamma di libri-game creati da Steve Jackson e Ian Livingstone). Mentre altri membri di Square sono al lavoro su diversi progetti, il designer raccoglie un piccolo gruppo di colleghi e inizia a sviluppare il gioco con risorse limitate (anche a causa, a quanto pare, di un carattere un tantino "duro" di Sakaguchi stesso, che l'ha alienato agli altri membri della software house). Un importante punto di svolta arriva con Koichi Ishii, secondo designer abbinato al progetto, che guida Sakaguchi verso le illustrazioni di un certo Yoshitaka Amano: è subito "amore" e il tratto di Amano diventa così quello distintivo della neonata saga. La piattaforma di destinazione è il Family Computer - o Famicom - grazie a un accordo di collaborazione stipulato con Nintendo stessa. Ma chi avrebbe programmato il gioco?

Per fortuna di Sakaguchi, tra le fila di Square è da poco approdato un programmatore di origini iraniane e dal grande talento, ovvero Nasir Gebelli, con all'attivo già una lunga serie di videogiochi completati su diverse piattaforme (principalmente cloni di arcade famosi, come l'apprezzato Space Eggs per Apple II). È lui il pezzo finale di quello che internamente viene denominato "A-Team", un gruppo di sette persone che si mette attivamente a creare Final Fantasy coordinato da Sakaguchi stesso. Figura di spicco del team è anche Akitoshi Kawasu, a cui è affidato il delicato compito di progettare il sistema di combattimento di questa articolata (per l'epoca) avventura fantasy: per farlo, Kawasu mette mano alla sua passione per Dungeon & Dragons creando un sistema che integri combattimenti all'arma bianca e incantesimi, il tutto rigorosamente incastonato in un sistema a turni.

Nel frattempo il collega Hiromichi Tanaka completa, col suo "B-Team", lo sviluppo del simulatore di appuntamenti Nakayama Miho no Tokimeki High School pubblicato per Nintendo sul Famicom Disk System: anziché essere assegnata a un nuovo progetto, la squadra di Tanaka viene affiancata all'A-Team per completare lo sviluppo di Final Fantasy: evidentemente la stessa dirigenza di Square ha iniziato a subodorare le potenzialità del progetto e la qualità di quello che stava venendo creato. Dopo dieci mesi di intenso lavoro, a fine 1987, Final Fantasy è pronto a essere lanciato sul mercato giapponese.

L'inizio della Fantasia Finale

Ancora non del tutto convinto del possibile successo del gioco, il management di Square limita le copie previste per il lancio dicembrino a duecentomila esemplari. È Sakaguchi, citando i buoni risultati del concorrente Dragon Quest, a convincere la società a raddoppiare la tiratura iniziale, uno sforzo notevole per una piccola software house ancora agli esordi. Persino le riviste giapponesi trattano con sufficienza Final Fantasy, con alcune che rifiutano addirittura di recensirlo. Per fortuna la visione di Sakaguchi e la scommessa di Square si rivelano entrambe vincenti: il gioco ottiene ottimi riscontri di pubblico e critica, andando rapidamente esaurito e spingendo Square a stringere i tempi per una seconda tiratura.

Final Fantasy supera in un mese il mezzo milione di copie diventando il primo grande successo di Square e piantando le radici per una saga che ad oggi conteggia sedici episodi "principali" e una trentina di spin-off. Da notare che inizialmente Square non ha abbracciato l'idea di lanciare il gioco negli USA o in Europa, reputandolo distante dai canoni dei giochi di ruolo occidentali. Così mentre la software house è impegnata a convertire Final Fantasy per MSX e a mettere in cantiere il seguito è Nintendo stessa che nel 1989 si occupa di portare il gioco negli Stati Uniti, cercando di adattarlo un pochino agli standard occidentali (e, in effetti, saltando a pié pari l'Europa). La modifica più evidente riguarda la copertina, modificata per rappresentare elementi più "heroic fantasy" e notevolmente distanti dai contenuti del gioco stesso.

La copertina occidentale di Final Fantasy: decisamente poco "giapponese".

In effetti le vendite negli Stati Uniti risultano molto buone anche se Final Fantasy, nelle fasi iniziali della sua esistenza, rimane principalmente un fenomeno giapponese. Dovremo aspettare la pubblicazione di Final Fantasy VI in occidente e soprattutto la localizzazione dell'acclamatissimo settimo capitolo per veder finalmente esplodere il pargolo di Sakaguchi anche in Europa e negli Stati Uniti. Negli anni il primissimo Final Fantasy ha ricevuto una marea di conversioni e nuove versioni, finendo sulle più disparate piattaforme, da Sony PSP al dimenticato Bandai Wonderswan, fino a raggiungere la recente riedizione intitolata Final Fantasy Pixel Remaster (recensita qui), a oggi il miglior modo per recuperare questo capostipite di quella che negli anni è diventata la più rappresentativa serie di JRPG di sempre.